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LECCO - COSO CLIL DI 1° LIVELLO - a


Giovedì 14 gennaio, a Lecco si è tenuto il secondo incontro del corso CLIL di primo livello, destinato agli insegnanti di L2 della Scuola Primaria della provincia.
Ecco alcuni punti affrontati nell’incontro:
1- le motivazione che hanno portato alla nascita del CLIL
La prima motivazione molto sentita risale alla firma del Trattato di Maastricht (Trattato sull’Unione Europea che risale al 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993) e che vuole fortemente favorire la libera circolazione nell’Unione delle persone, e non più solo delle merci, per motivi di studio, turismo e lavoro. Questa motivazione va inquadrata nella realtà sociale e lavorativa del periodo; nel 1994 la disoccupazione media nell’Unione raggiungeva il 10,5%, con punte del 16,6% in Finlandia, quindi muoversi poteva offrire la possibilità di occupare posti liberi di lavoro in territori diversi dal proprio.
Ovvio che, parlando la lingua del Paese ospite, si può avere maggiori possibilità non solo di trovare lavoro, ma anche di trovarne uno maggiormente qualificato.
Altra motivazione, con un risvolto più “sociale”, era quella di favorire l’integrazione sociale tutelando l’ambiente, il patrimonio culturale e la convivenza di comunità diverse per lingua e tradizione.
Un problema si pose presto: dove iniziare a promuovere e a “costruire” questa integrazione?
Ovviamente perché non nella scuola?
Per far ciò, cioè per aumentare la conoscenza verso le lingue comunitarie, non sarebbe bastato il monte ore al momento a disposizione; d’altro canto non si poteva neppure sottrarre tempo ad altre materie curricolari né tantomeno stravolgere i curricoli scolastici degli stati membri espandendo all’infinito le ore dei curricoli stessi.
2- l’illuminazione
Qui avvenne l’illuminazione, che si trova nella proposta contenuta nel Libro Bianco Istruzione Formazione del 29 novembre 1995 che così riporta: “It could even be argued that school pupils should study certain subjects in the first foreign language."
Questa era l’intuizione e il compromesso: le materie, o parte di esse, sono insegnate attraverso una lingua straniera con un doppio scopo, cioè l'apprendimento del contenuto, e l'apprendimento simultaneo della lingua 2, in altri termini si tratta di usare le lingue per imparare, al fine di imparare a usare le lingue.
3- Presidenza Lussemburghese
Nella conferenza organizzata dalla Presidenza lussemburghese dell'Unione europea nella quale si sono discussi gli sviluppi dell'apprendimento integrato di lingua e contenuto (CLIL), è stato affermato quanto segue: "Gli stati membri sono invitati a porre in atto la conclusione della presidenza lussemburghese concernente l'apprendimento integrato di lingua e contenuto, inclusa una maggiore sensibilizzazione sui vantaggi di tale approccio, e lo scambio di infor¬mazioni e documentazione scientifica sulle buone pratiche del CLIL e sulla formazione CLIL specifica per gli insegnanti". Ciò è davvero degno di alcune considerazioni:
a- gli stati, tutti, sono invitati e quell’ “invitati” è un caldo invito, una sorta di tacita condizione indispensabile alla quale, giustamente, non ci si può sottrarre se si vuole realmente raggiungere un’Unione Europea consapevole e condivisa
b- sensibilizzare sui vantaggi dell’approccio CLIL, ne consegue che, prima di tutto, sia necessario che gli insegnanti, tutti e non soltanto quelli di L2, conoscano bene, molto bene e abbiano sperimentato la metodologia CLIL: se non si conosce e non si ha l’esperienza diretta, come si può sensibilizzare, specie sui vantaggi?
c- scambio di informazioni e di documentazione scientifica: è necessario se si vuole crescere a livello professionale. Troppo spesso ancora regna una sorta di gelosia immotivata e, permettetemi, infantile sulle nostre idee, sulle nostre intuizioni, sui nostri materiali come se, condividendoli, venissero quasi sminuiti o, ancor peggio, ci venisse tolto qualche cosa di vitalmente professionale. Non sottolineo a tal proposito la motivazione riportata, e a volte non del tutto infondata, riguardante le colleghe che “non si danno un gran che da fare e vivono un pochino di rendita del lavoro altrui” (dovremmo andare oltre e pensare al bene degli alunni, anche se lo ammetto, non sempre è facile).
Ricordiamo comunque che nel CLIL, tutto ciò che si fa deve avere un aspetto “scientifico”, si devono seguire cioè “procedure” ben determinate: non si può procedere a casaccio.
d- formazione specifica per gli insegnanti: chiunque volesse intraprendere un progetto CLIL deve impegnare del tempo per la propria formazione al fine d essere in grado di condurre un vero progetto e non solo di cimentarsi in piccoli sprazzi di insegnamento mascherati da CLIL
4- approccio pedagogico-didattico
Il CLIL è molto più che un semplice cambiare lingua di istruzione, ma è un vero e proprio approccio pedagogico-didattico e, come tale, pone delle sfide a chiunque non solo volesse comprenderlo, ma, e soprattutto, a chi volesse metterlo in pratica. Esso è un apprendimento duale, che si prefigge l’integrazione tra lingua e contenuti non linguistici, è un approccio innovativo e complesso e quindi mette docenti ed alunni di fronte a situazioni nuove e a incognite a diversi livelli.
Da tutto ciò ne deriva che è indispensabile mettere a punto una metodologia adatta e la metodologia è da sempre ritenuta l’elemento chiave per la riuscita del CLIL.
5- la metodologia
Per la complessità o la possibile difficoltà di comprensione e di uso della L2 come veicolo di trasmissione, in un approccio CLIL appare necessario pensare ad un approccio che esca dagli schemi di una didattica tradizionale, basata quasi essen¬zialmente sulla lezione frontale, e ricorrere a strategie che coinvolgano attivamente lo studente. Scrive Marsh "L'apprendimento simultaneo di una lingua e di una disciplina richiede un approccio pedagogico diverso, benefico sia per l'apprendimento della lingua che per l'apprendimento delle discipline non linguistiche."
Il CLIL richiede uno svecchiamento della della didattica tradizionale.
Se ci pensiamo solitamente l’insegnante espone, spiega e, nel migliore dei casi (giusto per rendere un po’ più viva la lezione), svolge esperimenti e al discente viene chiesto di ascoltare, capire, esercitarsi e poi esporre ciò che ha capito, quasi come se debba, con il suo apprendimento, gratificare l’insegnante e rivestire una sorta di ruolo di ricettore passivo
Nel CLIL E’ necessario che il docente coinvolga gli studenti sia dal punto di vista cognitivo che affettivo. Egli dovrebbe rinunciare alla propria centralità e uscire dalla logica della sola lezione frontale per assumere un ruolo di facilitatore che favorisce e sostiene l’apprendimento, organizzando ambienti di apprendimento.
Non dimentichiamo che un apprendimento diventa significativo quando viene acquisito in modo attivo e personale, quando genera interesse e motivazione e approda a competenze metodologiche trasferibili, che, sottolineo, non si acquisiscono per trasmissione, ma si costruiscono. Scontato è che le scelte effettuate dei docenti per cambiare le loro pratiche metodologiche devono variare a seconda dei contesti, l’importante è che non si corra mai il rischio di considerare il CLIL come una lezione di L2 mascherata da disciplina.

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